
Quante volte ci prefissiamo un obiettivo e ci valutiamo solo in funzione del risultato? Diamo un giudizio a noi, a quello che gli altri pensano di noi e, di conseguenza, alla nostra capacità di raggiungerne eventualmente un altro.
Quante volte pensiamo di partire per tentare un’impresa, che sia un viaggio, un lavoro, una relazione, un progetto..pensando solo a ciò che succederà se riuscirò o fallirò e decidendo di tentare sulla base dell’immagine di me che ho costruito mettendo insieme successi, insuccessi, giudizi personali e altrui?
L’abbiamo fatto tutti, ma quante volte siamo partiti con un sogno e abbiamo vissuto il viaggio a pieno? Quelle volte le definiamo un successo o un insuccesso?
Apprezzare il viaggio senza concentrarsi sul valore della meta offre numerosi vantaggi. Consente di vivere il presente approfittando di ogni singolo momento per la pura bellezza di quel momento e non in funzione del momento successivo.
Permette di comprendere ciò che ami davvero o preferisci evitare senza decidere a priori cosa sia giusto desiderare o meno. Consente di vederti esattamente come sei invece che guardarti attraverso i tuoi risultati.
Ti offre la possibilità di liberarti del peso del giudizio personale e altrui che tu stesso spesso dai al raggiungimento della meta.
Ti consente di arrivare alla meta cambiato, più ricco di esperienza e con maggiore consapevolezza di chi sei evitando di fissarlo a priori in funzione del raggiungimento dell’arrivo o meno.
Ti consente di ascoltare cosa succede dentro di te mentre succede, consentendo alla tua vera natura di esprimersi libera da imposizioni, giudizi e aspettative.
Ti consente di approfittare del tempo in maniera totale, accorgerti di tutte le piccole e meravigliose cose che succedono tutti i giorni invece che vivere solo il giorno dell’arrivo, rimanendo spesso deluso perché te l’eri immaginato migliore o magari nel frattempo avresti anche cambiato destinazione.

Molto spesso scegliamo una destinazione in funzione dei vantaggi di cui potremo usufruire al momento dell’arrivo. Un percorso di studi, una relazione, un’occupazione, un hobby.. non ci preoccupiamo tanto se vivendolo proviamo emozioni piacevoli, ma il nostro gradimento è supportato dalla convinzione che una volta arrivati dove ci siamo prefissati arriveranno felicità, soddisfazione, autostima, riconoscimento… Purtroppo questo succede anche in un campo estremamente importante e pericoloso. Quante coppie pensano di far rinascere una relazione addormentata o appassita con la nascita di un figlio? Affidano al nuovo arrivato la responsabilità di far rifiorire una pianta alla quale i proprietari non hanno mai dato acqua. La delusione successiva porta a effetti molto più distruttivi di quanto uno si immagini, e non solo sul piano personale, ma anche di chi ci sta attorno. Questo è un argomento molto delicato, ma purtroppo la nostra radicata abitudine di voler creare una realtà futura dimenticando di vivere quella presente, ci sbilancia verso un domani che non dovrebbe essere altro che un risultato della somma di tanti oggi realmente vissuti.
A quante persone è capitato di studiare 5 anni all’università per ritrovarsi a fare un lavoro che in realtà scoprono non li soddisfi a pieno? Mi è capitato di ritrovare i miei compagni del liceo dopo 35 anni di totale silenzio e assenza, non ero ben disposta ad andarci, ma poi ho deciso di vedere cosa sarebbe successo. Quello che è accaduto è che mi sono resa conto di aver by-passato alcuni anni della mia vita. I miei ex compagni ricordavano episodi esileranti, hanno mantenuto legami nel tempo, avevano “Vissuto” quegli anni esattamente per l’età che avevano. Io ero già proiettata al dopo, al matrimonio, al costruire una famiglia, al costruirmi una carriera. Nulla di male in tutto ciò, ma mi sono persa dei pezzi. Pezzi che ho dovuto cercare a distanza di tempo con estrema fatica e sofferenza. Pezzi che ho ritrovato, non certo con una semplice cena di classe, ma si sono dimostrati mancanti nella mia costruzione come persona del tempo, e la cui mancanza ha provocato dolore a me e a chi mi stava accanto.

I Cammini mi hanno insegnato molto da questo punto di vista, il desiderio di arrivare a destinazione si è trasformato in piacere di camminare e scoprire, lasciarsi sorprendere da ciò che accadeva nel mentre, non decidere a priori come sarebbe stato l’arrivo, ma accogliere ciò che trovavo e arricchirmi di tutto ciò che succedeva nel frattempo. Mi hanno reso una persona migliore, meno stressata, più consapevole, meno giudicante, più accogliente.
Camminare consente di ritrovare la propria velocità, spogliarsi dal ruolo sociale che si ricopre nella quotidianità e portare alle persone che si incontrano solo la propria vera natura, non devi essere nessuno di diverso da te stesso. Facendo ciò, ogni tuo passo prende valore non per dove ti porta, ma per quello che succede nel mentre e così un viaggio diventa una somma di esperienze che ti trasformano a mano a mano che passano i giorni. Smetti di preoccuparti di come sarai e vivi solo chi sei, in quel tempo e luogo che stai attraversando.

Il mio consiglio è di vivere l’arrivo solo come un punto del viaggio, così come tutti i piccoli punti che ti portano a lui, il tempo è un’opportunità che non va sprecata. Così facendo regalerai al mondo, ogni giorno, la migliore versione di te.
Lisa De Bernardini