
Mi chiedo spesso quanto sia utile portare al mondo ciò che realmente siamo o se sia molto più conveniente far trasparire solo ciò che il resto del mondo amerebbe vedere di noi. Col passare del tempo constato sempre più che l’impressione di essere inadeguati sta dilagando tra i giovani e, a mio parere, anche tra i meno giovani. Non ci sentiamo mai abbastanza. Belli, bravi, ricchi, giovani, di successo, impegnati, allenati, magri, sorridenti, colti, motivati, connessi, insomma, mai sufficientemente socialmente apprezzabili.
Dal canto mio ho vissuto spesso stati emotivi discordanti, combattuta tra il portare agli altri la mia fragilità o schermarmi per condividere con il resto del mondo solo ciò che ritengo opportuno. La mia scelta finale è stata quella di Essere e basta, tutto diventa altrimenti troppo faticoso, ma le conseguenze di questa scelta mi portano spesso a pormi questa domanda: “Ma la sincerità paga???”

Sul piatto della bilancia poserei diversi fattori, non ultima la definizione di cosa sia la sincerità. Descritta come la corrispondenza effettiva di un comportamento o di un’espressione al reale modo di sentire e pensare, direi, in parole molto spicce, che essere sinceri sia mostrare ciò che si è, si pensa e si sente realmente. A questo punto possiamo prendere in considerazione ciò che la sincerità può provocare. A seconda dell’interlocutore le reazioni possono essere di accoglienza e compassione, (quest’ultima intesa come cum+passione), ma anche di fastidio, allontanamento o ancor peggio successivo attacco. Quest’ultimo è spesso messo in atto se il rapporto sociale è impermeato di competizione, perchè spesso la sincerità lascia spazio all’individuazione del lato debole dell’avversario, e a cosa si riduce spesso un rapporto umano, se non ad una gara a chi è migliore? Ma migliore secondo quali modelli? Mi affiorano alla mente tutte quelle espressioni che nel tempo hanno definito ad esempio la virilità. L’uomo è forte, non piange, non si lamenta, non è mai stanco, non deve “chiedere mai”. La donna, dal canto suo, è sempre in ordine, snella, disponibile, prosperosa e seducente. Che fatica! Siamo sicuri sia proprio così?

Credo che l’essere umano sia molto diverso da ciò che noi idealizziamo di lui, da quello che ci viene raccontato nei film e da ciò che socialmente ci appare quotidianamente a livello mediatico. Inutile dire che gli strumenti tecnologici hanno peggiorato la situazione seppure io creda che il problema non nasca da loro. Il problema nasce dall’idealizzazione dell’uomo, dalla brama del potere e dalla smodata necessità di essere visti per eccellere. Di sicuro gli strumenti oggi a disposizione consentono un dilagare molto più rapido delle tendenze, ma alla base c’è sempre la coscienza ed è questa, a mio parere, quella su cui si dovrebbe lavorare e che viene invece decisamente svalutata.
Essere sinceri significa accettare in primis di non essere perfetti, di non assomigliare a nessuno e di non poter fare tutto. Se fosse questa la linea di partenza credo ci sarebbe già molta meno necessità di mostrarsi diversi da ciò che si è. Abbassando l’aspettativa si abbasserebbe la necessità di prestazione. È chiaro che, anche solo prendendo in considerazione l’aspetto estetico, questo impedirebbe molto lavoro a moltissimi settori di lavoro che fatturano cifre a sette zeri vendendo servizi e prodotti che offrono la possibilità di essere migliori, più belli, più magri, più prosperosi, più muscolosi, più giovani ( impossibile), più….Il desiderio di onnipotenza porta l’essere umano a fare scelte molto fisiche e molto poco spirituali.
Tornando alla domanda iniziale, il dubbio rimane: è dunque utile essere sinceri? In soldoni, la ruga, la cicatrice, la pancia, la paura, il bisogno, la realtà che inevitabilmente mi caratterizza.. li mostro o no?
Se la mettiamo in termini di utilità credo sia facile tornare al mero calcolo guadagno/perdita che ci farebbe ricadere nel buio totale. L’utilità non è spesso legata alla morale e nemmeno alla salute. C’è una sincerità estetica, ma c’è anche soprattutto una sincerità interiore e possiamo dire che ultimamente anche essere sinceri è molto in voga. Sii quello che sei, fai ciò che vuoi, dì ciò che pensi.. ci viene ripetuto ogni giorno per venderci dei corsi di mindfulness, yoga, meditazione, psicoterapia, motivazione, orientamento.. tanto che ci si trova spesso a chiedersi: ma io chi sono veramente? E ci si trova di nuovo nelle sabbie mobili. Di nuovo il mercato economico ci sta dicendo come dobbiamo essere e la confusione aumenta.

E poi, se scopro chi sono, sarò in grado di portarlo fuori? E se gli altri mi vedranno così mi accetteranno? Mi apprezzeranno? Resteranno? I dubbi aumentano. E ancor più se arrivo a chiedermi: lo faccio per me o per gli altri?
La realtà, a mio parere, è che ogni volta che noi interagiamo con qualcuno, ci esponiamo ad un rischio: cosa ne farà il mio interlocutore di ciò che gli darò? E come vivrò la sua reazione?
Ogni volta che interagiamo con un nostro simile prendendoci del tempo per ascoltarlo, in fondo stiamo prendendo del tempo anche per noi. Perchè in quello scambio c’è sempre di mezzo uno specchio, che riflette la persona di fronte a noi, ma allo stesso tempo riflette anche noi. Ed è così che nella sincerità dell’altra persona cogliamo le nostre fragilità e non sempre siamo pronti ad accoglierle. In quell’essere sinceramente imperfetto vediamo la nostra imperfezione e non sempre ci fa piacere. In quella dichiarazione aperta forse vediamo anche che chi ci sta di fronte ha qualcosa che noi non abbiamo e anche questo talvolta ci crea malessere. E cosa ne facciamo di tutto ciò? Molti, sentendosi attaccati, riattaccano a loro volta per sentirsi meno nudi e disarmati dalla loro stessa natura. Davanti a quello specchio si girano dall’altro lato per non vedere.
La sincerità può far male, ma anche molto bene! La sincerità rende leggeri, una volta offerta fa camminare dritti, le maschere sono molto pesanti da trasportare. La sincerità, allo stesso tempo, offre un fianco alla cattiveria e ognuno di noi dovrebbe chiedersi come ama vivere e cosa è disposto a sopportare. Forse un po’ più di gentilezza cambierebbe tante cose. Basterebbe così poco! Ma il Truman Show smetterebbe di esistere e non so se siamo pronti a spegnere la televisione.
Prova a fare un esercizio: prova a dire ciò che senti, a muoverti come ti viene facile, a vestirti comodo/a e a sorridere solo quando senti gioia o emozioni positive. Prova a fare uscire le lacrime se lo richiedono e a dire che hai paura se ti senti sopraffatto/a, prova a farlo da solo/a per iniziare, come ti senti poi? Credo che la risposta più comune sia “Più leggero/a”.

Questo significa che il dover essere è un peso e il dover dimostrare di essere lo è altrettanto.
Prova a fare ora lo stesso esercizio con un interlocutore di fronte. Cosa cambia? La risposta univoca è che dipende dall’interlocutore e dalla sua reazione. Se chi ascolta non giudica, ma lascia solo uscire ciò che appartiene a chi gli sta di fronte, senza assumersene il peso, lasciando fluire la sincerità altrui e accogliendo la persona per quello che è, l’esercizio fa sentire doppiamente più leggeri.
Chi di noi può dire di esserne capace? E chi di noi si sente così quando si mostra agli altri? E allora, non ci farebbe più piacere sentire apprezzamento, lode, ammirazione o quant’altro? In fondo è molto più semplice mostrarsi come non si è, ma si vorrebbe essere, piuttosto che come ci si sente davvero. Sia mai che un giorno non si diventi realmente ciò che gli altri dicono sia bello. Magia!
Ed è così che l’umanità si perde, dimenticando di ascoltare la propria vera natura e mostrando sempre più frequentemente ciò che tutti ritengono accettabile, apprezzabile, persino lodevole. E quel giorno che, malauguratamente, un evento ci travolgerà e la maschera cadrà, nessuno ci riconoscerà più e noi non sapremo come tornare nel film. Altri attori prenderanno il nostro posto e noi staremo inermi a guardare sentendoci rifiutati e abbandonati. Era forse meglio essere sinceri fin dall’inizio? A te la scelta.
La sincerità paga, ma a lungo termine, perché portare pesi superflui tutti i giorni finisce per farci sprofondare nell’oblio di chi siamo realmente, per affaticarci a dismisura e per creare relazioni fittizie e poco solide. Anche i miglior attori tolgono la maschera terminato lo spettacolo, ma noi non dovremmo pagare il biglietto per vivere.
Lisa De Bernardini
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