
Un “laboratorio” dedicato agli atleti e a tutti coloro che ritengono di averne necessità, in cui il colloquio permette di conoscersi, mettersi a nudo, imparare ad ascoltarsi, comprendere le reali motivazioni che ci spingono e vivere nel migliore dei modi le emozioni che accompagnano tutto ciò. Ci tengo a specificare che non si tratta di una seduta psicologica, ma di un lavoro attivo che copre la sfera emozionale e fisica e la loro sinergia per raggiungere la massima prestazione anche sotto stress.
La respirazione è l’atto più naturale, necessario e importante che accompagna ogni nostra azione. La respirazione influenza la fluidità e l’efficacia dei gesti e può influenzare o essere influenzata dai diversi stati emotivi che accompagnano i gesti stessi.
L’apprendimento motorio, tecnico e tattico prende spesso solo in considerazione il corpo, la sua biomeccanica e le capacità coordinative, articolari e muscolari. Il respiro, influenzato dalle emozioni determina la capacità di esprimere più o meno tutto quanto appreso sopra e metterlo a servizio dell’unicità di ognuno. La dimostrazione sta nel fatto che per quanto si sia allenato un gesto, esso sarà sempre diverso a seconda del giorno, della situazione, dell’avversario, del punteggio, dello stato d’animo, della fatica e di molti altri fattori concomitanti.
Le emozioni sono determinate dalle esperienze pregresse, influenzate dalle aspettative e dal giudizio.
Per fare un esempio pratico, un danzatore che sale sul palco per uno spettacolo, avrà emozioni diverse a seconda delle esperienze pregresse relative ad esperienze simili ( Come ho performato l’ultima volta e le volte precedenti? Ho scordato dei passaggi? Nelle prove ho sbagliato spesso?…), dalle aspettative ( cosa penso sia normale aspettarmi da questa performance? Cosa succede se sbaglio?…) e dal giudizio personale e altrui che verrà dato alla mia esecuzione.
Un calciatore che deve tirare un rigore è sottoposto ad una richiesta di successo che non ha alternative. In allenamento avrà tirato tantissimi rigori, ma una volta in partita, la sua capacità di riuscita sarà determinata non solo dalla quantità di volte in cui ha ripetuto il gesto, ma soprattutto dal contesto ( il punteggio, quante persone mi guardano, chi sono quelle persone, quanto conta questa partita nell’arco del campionato, la reazione del mister e dei compagni al goal o all’errore…) che influenzerà in maniera determinante la sua capacità di esprimere le sue capacità allenate.
Prima di un esame o un’interrogazione, un colloquio di lavoro, un primo appuntamento etc, le nostre emozioni e, di conseguenza il nostro respiro, saranno determinati da come abbiamo già vissuto esperienze simili, dal loro risultato, dalle nostre aspettative e dal giudizio che daremo alla riuscita o meno.
La paura può accelerare il ritmo respiratorio cosi come bloccarlo totalmente, l’ansia può spezzettarlo, la tristezza può rallentarlo inefficacemente e così ogni emozione può creare una modifica nel ritmo respiratorio che, a sua volta, si riversa nella capacità di reclutare muscoli e articolazioni per l’esecuzione di gesti tecnici e non.
L’attacco di panico ad esempio è una situazione estrema in cui il corpo diventa incapace di mettere in atto qualsiasi azione.
Prendere confidenza con le tecniche respiratorie, la respirazione diaframmatica, la respirazione quadrata, quella a narici alternate è un primo passo per avere degli strumenti da utilizzare in ogni occasione, sportiva e non. Imparare ad ascoltare i segnali del nostro corpo e dare un nome all’emozione che sto provando è altresì fondamentale per avere chiaro che strumenti posso utilizzare in quel preciso istante ( la consapevolezza della paura toglie imprevedibilità alla stessa). Il lavoro sulla valutazione delle aspettative e sul giudizio derivante dal risultato influenza notevolmente l’autostima e, di conseguenza, la capacità di utilizzare i propri talenti in maniera più o meno efficace.
In poche parole, nel momento in cui dovrò compiere un’azione, l’azione sarà influenzata sì dalla quantità di volte in cui ho ripetuto quell’azione con successo, ma anche e soprattutto dalla lettura del momento presente e di come il mio corpo risponde al quel preciso momento.
La semplice domanda “Come stai?” non ha spesso una risposta consapevole, perchè pochi sono abituati a chiedersi davvero cosa stanno provando in quel preciso istante.
Partire dal “Come stai?” per dare ascolto a noi stessi, indipendentemente da come dovremmo sentirci e dal giudizio che daremmo alla risposta, è la base per permettere a ciascun individuo di esprimersi al meglio, di iniziare un allenamento in contatto col proprio corpo e riuscire a mettere ciò che ha appreso a servizio di tecnica, tattica e prestazione fisica, di apprezzare il percorso piuttosto che subire l’arrivo, ma soprattutto spesso rendersi conto, che, con la consapevolezza è tutto meno faticoso e più facilmente raggiungibile .
Aggiungo che, purtroppo, il numero di atleti che interrompono l’attività sportiva troppo presto, a seguito di incapacità di esprimersi nella competizione, delusione rispetto a risultati non ottenuti o incapacità di gestire la tensione emotiva, è sempre maggiore. In una società dove il risultato identifica gli individui, credo sia opportuno ridare valore alle Persone e consentire loro, a partire dalla giovane età, di apprezzare il piacere di mettersi in gioco e migliorarsi, senza che il peso del risultato sia schiacciante e unico deterrente del loro valore.
Gli incontri individuali, per i quali sono a disposizione anche mettendomi in relazione con l’allenatore e/o la famiglia, possono essere accompagnati da una giornata di gruppo, dedicata anche alle famiglie, in cui spiego l’importanza di quanto descritto sopra e della mia esperienza personale creata nel tempo sul campo.
INFO: [email protected]
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